Titolo: “Mamma ve n’è una sola”
Autore: Non identificato
Data: 1924
Iscrizione: “Mamma ce n’è una sola” / a mia Mamma / 21-5-24 / P. Pellegrini (firma autografa)
Fondo di provenienza: Piero Pellegrini
Segnatura: 06669
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Forse non tutti sanno che all’origine della festa della mamma vi fu un intento militante: rendere omaggio ad alcune madri che si erano battute in favore della pace. Celebrata per la prima volta nel 1908 negli Stati Uniti, la festa fu ufficializzata dal Congresso americano proprio un secolo fa, in segno di amore e gratitudine verso le madri, senza alcun riferimento agli ideali pacifisti. Dagli Stati Uniti la festa si diffuse in Germania e in Francia negli anni Venti, assumendo abbastanza presto una connotazione prettamente commerciale.

In Svizzera la “giornata delle madri” venne promossa per la prima volta nel 1932 con manifesti e cartelloni, articoli di giornale che inneggiavano all’amore filiale, nonché inserti pubblicitari che invitavano a scegliere un regalo appropriato per la propria madre. La ricorrenza, da celebrarsi come negli USA la seconda domenica di maggio, sembra aver preso piede subito anche nella Svizzera italiana. Secondo il periodico “Illustrazione Ticinese”, nel 1935 la tradizione era ormai consacrata: “non una festa ufficiale, né pubblica; ma un invito discreto a ravvivare nei cuori il più naturale e il più nobile sentimento umano”. Nel 1937 l’annuncio pubblicitario di un grande magazzino, pubblicato sul quotidiano socialista “Libera Stampa”, proponeva quale regalo ideale per le madri grembiuli e fazzoletti (su altri giornali i regali proposti erano camicie da notte o poltrone in giunco). L’invito era accompagnato da una breve poesia in dialetto intitolata “Viva la Mam”, firmata Glauco, pseudonimo di Ulisse Pocobelli, uno scrittore vernacolare vicino al movimento operaio e socialista.

Al di là degli intenti commerciali, la festa s’iscriveva in un’ideologia conservatrice e natalista, contro lo spettro delle “culle vuote”. I movimenti femminili fecero invece notare come questa celebrazione retorica e paternalista delle madri occultasse la condizione d’inferiorità sociale e giuridica nella quale erano relegate le donne in Svizzera.

Il ritratto vagamente bohémien che il giovane Piero Pellegrini, allora ventitreenne, ha dedicato il 21 maggio 1924 alla madre Carolina nata Minetti è invece anteriore all’avvento della festa della mamma in Svizzera. Si tratta probabilmente di una testimonianza del forte legame affettivo che li univa.